Cosa non è Fedez: spunti riguardo il concerto del primo maggio, la Rai e il DDL Zan

 


L’1 maggio ha visto scatenarsi un dibattito acceso e scomposto a causa di una fortuita combinazione di eventi e situazioni. C’entrano Fedez, la Rai e il DDL Zan.

Vediamo bene cos’è successo e capiamo, nel dettaglio, tutte le sfaccettature.

Sabato primo maggio c’era il concertone per la festa dei lavoratori. Arrivato il suo momento, Fedez prima ha ricordato gli operatori del settore dello spettacolo duramente colpiti dai lockdown e poi ha letto alcune dichiarazioni passate di esponenti della lega contro i gay, così da supportare il DDL Zan, il decreto di legge contro omofobia, transfobia e abilismo in discussione proprio in questi giorni.

Fedez dal palco ha parlato di censura e di un duro scontro coi vertici di Rai 3 che, afferma, non volevano fosse letto in tv. La Rai in prima battuta ha negato ci fossero atti di censura, Fedez subito dopo ha diffuso un video di una telefonata con i dirigenti di Rai 3 in cui discutevano in modo acceso circa il contenuto dell’intervento dello stesso. A quel punto il quotidiano Domani ha pubblicato la versione estesa della telefonata.

Questi sono i fatti.

Tratterò le opinioni che si sono sviluppate seguendo i tre filoni di mio interesse, appunto: Fedez, il DDL Zan e la Rai.

Rai

Apriamo e chiudiamo subito il discorso Rai, che è il meno interessante. La Rai è un’ente pubblico e in quanto tale inefficiente, in costante rosso di bilancio, di scarsa qualità e gestito dalla politica - letteralmente.

È un ente che non potrà essere privatizzato, smantellato o gestito diversamente: è la cruda realtà di un sistema che, al netto di falsissima dichiarazioni estemporanee di politici di ogni colore, non vuole cambiare.

Testimone è Oscar Giannino, giornalista troppo dimenticato che ha subito una gravissima ingiustizia: in un editoriale del 7 febbraio 2008 su Libero ha pubblicato la lista di 900 politici sistemati in varie posizioni Rai, per pura e semplice soddisfazione dei partiti. Di 900 nomi ce n’erano solo 3 sbagliati. Giannino è stato chiamato in giudizio e, in seguito, condannato a 144 342€ di pignoramento

Mi spiace per i visionari che si immaginano un sistema capace di ascoltare le critiche e di migliorarsi. La Rai non cambierà ancora per molto, molto tempo.

La Rai stava davvero censurando la libertà di espressione? Sì, ma davvero non c’è nulla di sorprendente: è un ente pubblico e in quanto tale censura, semplice.

Quindi non c’è molto altro da dire.

DDL Zan

Secondo argomento, sicuramente molto più interessante.

Cos'è il DDL Zan?

I primi due articoli del ddl Zan introducono l’orientamento, il genere sessuale e l’abilismo (che riguarda la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità) negli articoli del codice penale, il 604 bis e ter, che puniscono la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione. Il terzo, il più importante, modifica il decreto legge 122 del 1993, la cosiddetta legge Mancino.

All’articolo 1, la legge Mancino prevede il carcere per «chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Il disegno di legge Zan lo estende ai reati di violenza fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sull’abilismo.

Negli articoli successivi viene estesa la condizione di «particolare vulnerabilità» alle vittime di violenza fondata sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sull’abilismo; viene istituita la giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia per promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione, contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere: viene prevista una ulteriore dotazione di 4 milioni di euro (davvero pochi) per il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità; si prevede che l’Istat realizzi almeno ogni tre anni una rilevazione che possa essere utile a pensare e attuare politiche di contrasto alla discriminazione e alla violenza. (Qui la spiegazione articolo per articolo di Wired).

Questa proposta di legge è ferma in Senato da mesi, dopo essere stata approvata dalla Camera lo scorso 4 novembre. È stata osteggiata a lungo da tutti i partiti di destra, soprattutto nella figura di Andrea Ostellari che è diventato anche relatore - probabilmente con l’intento di rallentarne ancora i lavori.

Intorno a questo decreto ovviamente si è scatenato il putiferio, con il risultato di banalizzare e distorcere una discussione che, in origine, sarebbe servita a tutti.

Il DDL Zan serve?

La prima domanda da porsi è se serva o no un decreto legge simile. Ovviamente sì. È un decreto inclusivo teso a sensibilizzare la comunità verso delle minoranze, quindi ha un intento di base razionale importante.

Ci sono altre priorità?

Il ben altrismo è un argomento stantìo e logoro che mi prosciuga le forze. Non ha senso concreto. Suggerisce inoltre la pigrizia dell’interlocutore che non prova neanche a inventare un’obiezione originale e più pratica.

In più, riguardo ai diritti, non c’è una soglia massima. Non si accumulano riempiendo uno spazio finito. Un diritto in più a una categoria o minoranza non lede alcuna libertà a chiunque sia rimasto fuori.

Limita libertà altrui?

Argomentazione al limite del ridicolo. Che personaggi della chiesa o di partiti di estrema destra denuncino la “mancanza di libertà” è semplicemente un’ipocrisia inaccettabile. Se avessero un minimo di dignità e ritegno eviterebbero di esporsi al ridicolo in questo modo.

Chi lo rigetta è un fascista?

Ci sono due livelli di risposta, a seconda dell’interlocutore: ci sono i fascisti e i critici razionali. Purtroppo online non si può davvero conoscere l’interlocutore, leggerne le sfumature e le intenzioni, quindi questa differenziazione è complicatissima.

I fascisti difficilmente si esprimono in quanto tali: si mascherano dietro benaltrismi, motivazioni clericali o, semplicemente, distorcono il discorso (perché a loro i froci proprio non piacciono).

I critici sono in numero molto minore e difficili da riconoscere, però sono fonte preziosa di contradditorio. Su certi temi di diritti sociali o discriminazioni, purtroppo, è spesso difficile costruire un contraddiorio efficace per colpe da entrambe le parti: dalla parte di chi, ad esempio, difende le minoranze ogni critica è presa come un insulto fascista a priori; dalla parte dei critici è difficile riuscire a distinguersi dai fascisti. È un circolo vizioso nato da responsabilità di entrambe le parti: manca il rispetto, la volontà di argomentazione e l’intelligenza di confrontarsi per crescere. Ripeto, da entrambe le parti. (Poi, certo, lo so anche io che l’origine ultima è la stupida idiozia razzista dei fascisti, meglio non ci fossero; però ci sono, anzi, ci saranno sempre.)

Bello ma inapplicabile?

Ci sono numerose critiche riguardo all’applicabilità del decreto. La maggior parte sono prive di fondamento.

L’unica vera critica che riconosco come puntuale è quella di Riccardo dal Ferro (Rick Dufer) circa la parte del decreto che descrive come punibile anche “l’incitamento e l’istigazione” alla violenza; questa parte è oggettivamente troppo fumosa. Se ad esempio qualcuno dice la sua in modo sconclusionato circa i gay ad un comizio alla giornata della famiglia, senza cenni di violenza ma solo suggerendo un pericolo per le famiglie, e in seguito qualcun'altro picchia un gay, come possiamo ricollegare le cose? È troppo, troppo vaga. Bandire l'istigazione è concretamente impossibile.

Sono affine al pensiero di Popper circa la libertà di espressione (e avrò modo di approfondire meglio in futuro): secondo me ognuno dev’essere totalmente libero di esprimere qualsiasi opinione, anche la più odiosa. Ciò che va punito e perseguito è l’atto violento che, fisicamente, attacca, distrugge o limita la libertà altrui. Senza questa attenzione ogni censura preventiva è fumosa, fragile, discriminatoria, ipocrita.

Serve davvero?

La mia opinione è che le regole sono fondamentali per la convivenza civile. Al contempo sono uno strumento per dominare gli impulsi animaleschi: più regole ci sono in un sistema e più è sintomo di un popolo rozzo e involuto. (Devo veramente dirtelo che se uccidi tua moglie non va bene e finirai in galera?). Per quanto mi riguarda, dovrebbe valere la dottrina della “giusta misura”: poche regole, fondamentali e molto precise. Il resto dovrebbe essere gestito da un popolo maturo e responsabile.

Lo si poteva scrivere meglio?

Non lo so, francamente.

Forse sono più dell’idea di turarsi il naso per strumenti di inclusione non proprio perfetti piuttosto che sperare che gli idioti intolleranti feccia del mondo si redimano o semplicemente spariscano.

Quello che mi domando è dov'erano i critici del DDL Zan quando è stata fatta la legge Mancino?

Alcune critiche sul DDL Zan

Alberto Leiss sul Manifesto: “In particolare sul fatto che una malaccorta enumerazione di concetti e termini quali “sesso”, “genere”, “orientamento sessuale”, “identità di genere” possa irrigidire normativamente una discussione ancora del tutto aperta dal punto di vista scientifico, filosofico, politico, simbolico.”

Critica che non ha senso, semplicemente lui non ha capito le definizioni di sesso e genere e quindi, nella confusione, si sente in qualche modo attaccato.

Ciò che molti non capiscono è appunto che un diritto in più per una minoranza non toglie niente a nessuno, anche se scritto non benissimo.

Claudio Cerasa sul Foglio con un articolo molto interessante, dice (in brevissimo): “giuste le intenzioni, sbagliata la legge. Il rischio di trasformare una legge pensata per difendere alcune libertà in una legge destinata a offenderne altre. Il pericolo di considerare reati le opinioni. Spunti in vista della discussione al Senato (anche per Fedez).“

A parte alcuni cadute futili sul “Fedez politico”, l’articolo è interessante e merita diffusione, ascolto e critica. L’unico difetto è che manca l’alternativa. Un’alternativa non è d’obbligo, ovviamente, nel contesto di una critica ragionata, ma appiattisce la discussione, proprio perché finisce lì - all’inadeguatezza pratica. Allora mi domando: meglio provare e riuscirci non benissimo con lo scopo di combattere gli idioti fascisti imbecilli e violenti, o non provarci per nulla e sperare nel sistema? 

Alcune critiche su Fedez

Maurizio Crippa sul Foglio: “se vuoi fare politica smetti di fare l’artista”. Di castronerie imbarazzanti ne dice altre ma trovo uno spreco di tempo approfondire il dibattito nel merito.

Gli artisti fanno politica, da sempre. Chi non lo riconosce è per provare a delegittimare un artista, c’è poco altro da aggiungere.

Claudio Cerasa sul Foglio: “[Fedez è] (a) mosso dall’idea di influenzare la politica, non di rifondarla, e (b) mosso dall’idea, al massimo, di schierarsi contro una precisa parte politica”. Anche qui non colgo la critica: un’artista deve porsi l’obiettivo di rifondare la politica? Deve essere equilibrato nelle critiche? 

(Riconosco invece l’attenzione al dettaglio di Cerasa che è molto chiaro nell’identificare nei nemici della “Zan” gli omofobi della Lega).

Guia Soncini su Linkiesta: [...]”marito della Ferragni, che non solo ha fatto il suo discorsetto introdotto, giuro, dalle parole «vi decanterò alcuni aforismi» (sì, lo so che per fare il tribuno del popolo non devi essere un intellettuale, ma è persino madrelingua, come diavolo è possibile che l’italiano gli sia così alieno?)”

Tentativo di delegittimare Fedez: non è un’artista e non ha un nome, è il marito della Ferragni. Mezzuccio retorico veramente di bassa lega.

In seguito critica l’indignazione (urlata) di Fedez alla dirigenza Rai al telefono per la frase leghista “se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno”, dicendo: “pensiamo tutti che arrostire un figlio gay sia una brutta brutta cosa, è il caso di sottolinearlo e ribadirlo, diamine, sennò mica si capisce che siamo i buoni”.

Il guaio è questo: c’è gente che lo pensa. Finché ci sarà anche solo uno che penserà un’immondizia simile, le battaglie non saranno vane. (E non è vero che “è tutto da verificare”, perché la difesa del leghista è talmente debole da risultare ridicola; vorrebbe, forse, la Soncini, suggerire che non ci siano leghisti omofobi? Davvero?).

In un altro articolo fa riferimento alla “la crisi di nervi”, poi scrive: “(egli è convinto che il turpiloquio si chiami «torpiloquio»)”.

Il riferimento alla crisi di nervi è veramente faticoso da affrontare: un uomo non può agitarsi fino all’orlo delle lacrime sennò non è un vero uomo? 

Poi: “tralasciamo che la frase non abbia alcun senso, abbiamo già stabilito che l’italiano non è il suo mestiere”.

Inoltre fa diversi riferimenti inutile al narcisismo che avrebbe Fedez.

Parliamo di Fedez ignorante e sgrammaticato. Ok, dà fastidio ma fermarsi, solo quando ci piace, alla forma ignorando il contenuto è pretestuoso e sintomo di pigrizia intellettuale.

Infine, cosa NON è Fedez.

Non è un politico. I suoi interessi “politici” (io direi sociali) non sono premeditati, sono tratti di un carattere specifico: per chi fosse curioso basta leggere i testi delle sue canzoni 5-8-10 anni fa.

Il contraddittorio suggerito dalla dirigenza Rai nella telefonata non ha senso ed è ipocrita: in un concerto di natura sociale come quello del primo maggio non ce n'è bisogno; inoltre tutti i politici intervistati nei talk show sulle reti Rai che non hanno il contraddittorio, come si spiegano?

Colto. La sua ignoranza, spesso, mi urta violentemente ed è ragionevole farlo notare. Usare come strumento l’ignoranza per distogliere l’attenzione volontariamente da un messaggio che, seppur sgrammatico, ha diritto d’ascolto è, come già detto, pretestuoso  e sintomo di pigrizia intellettuale.

Un modello. Ma non deve neanche esserlo. È la classica leva argomentativa del boomer sfigato che ama riunire in un sottoinsieme rozzo tutto ciò che non capisce: è stupido e includente. 

Pubblicare uno spezzone montato ad hoc del video della telefonata coi dirigenti Rai è parte di tutto questo: dell'ignoranza di Fedez, dell'errore dei suoi calcoli, del tentativo di mettere i suoi follower dalla sua parte. Tutto lecito, se ci pensiamo: una persona che fa errori, anche facendo una figuraccia.

Povero. Da quando in qua la povertà è un valore morale accettabile e la ricchezza no? Nella sua ignoranza (appunto) Fedez ha detto una cosa sacrosanta: “per farmi ascoltare dovrò vendere la Lamborghini e comprarmi una Panda”. Il pensiero filo comunistoide per cui chi è ricco è automaticamente in torto non ha ragioni pratiche né una base razionale.

La Ferragni guadagna senza fare niente - che falsità! - ma Naomi Campbell era un modello? Fate pace col cervello.

Non riconoscere il successo di mestieri e ambienti che non si conoscono denota pura ignoranza. Un’ignoranza forse peggiore di una grammatica scadente. 

L’ignoranza del chiuso mentalmente che si rifiuta di provare a leggere il mondo e vive dietro le barricate delle sue convinzioni, senza mai metterle in discussione. Felice e stupido.


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