Dite sì all’eroina: argomentazioni a favore della totale legalizzazione delle droghe

 Il 29 aprile è uscito sul New Yorker un articolo di Benjamin Wallace-Wells intitolato "Is There a Case for Legalizing Heroin?", cioè "c'è un motivo per legalizzare l'eroina?". 

L'articolo parla delle tesi del dottor Carl Hart espresse nei libri "High price" e "Drug Use for Grown-Ups", secondo le quali lo stigma sul tema della droga sia senza vere basi razionali.

Il dottor Carl Hart in "High price" racconta la sua vita, a partire dall'infanzia di un quartiere difficile a Miami fino a diventare uno dei primi scienziati neri a essere assunto alla Columbia University; il filo che unisce il suo percorso è l'ossessione per lo studio sulle droghe: come agiscono, come creano dipendenza, come funziona la disintossicazione, come funziona lo stigma verso le droghe e i drogati.

Il dottor Carl Hart fa uso regolare di eroina da più di quattro anni e ritiene che le droghe, se sotto controllo, non inficino il regolare contributo alla società.

Prendo spunto dall’articolo del New Yorker per argomentare la mia opinione rispetto il tema delle droghe, cioè che vadano legalizzate tutte senza discrimini, per il bene dell’umanità.

Partiamo dall’inizio: le droghe non sono tutte uguali. 

Le droghe

Le classificazioni possono essere per composizione, per effetto o per inquadramento di legge.

Una classificazione funzionale è la seguente:
  • Alcol,
  • Oppioidi,
  • Benzodiazepine
  • Cannabinoidi
  • Barbiturici
  • Stimolanti
  • Allucinogeni (o dissociativi)

Alcol. 

Tutti conosciamo l’alcol; crea sentimenti di euforia e riduce le inibizioni, ma altera anche gravemente il giudizio, la percezione e i tempi di reazione. L'alcol è un depressivo del sistema nervoso centrale, ma provoca i danni più gravi a lungo termine al fegato.

Oppioidi, derivanti dall’oppio, sia naturali che di sintesi.

Gli oppioidi agiscono interagendo con i neurotrasmettitori nel cervello e bloccando i segnali che stanno inviando. Ciò consente agli oppioidi di fungere da potenti antidolorifici, ma può anche causare sensazioni di intenso piacere, che porta alla dipendenza.

Tra i più noti oppioidi, ci sono: eroina, Fentanil, Ossicodone.

Benzodiazepine

Le benzodiazepine si legano a neuroni particolari chiamati recettori “GABA” in un processo che rallenta la funzione cerebrale iperattiva e allevia il grave stress mentale. 

Coloro che abusano di benzodiazepine possono sperimentare un "sballo" euforico o un "ronzio" simile all'alcol, a seconda della tipologia abusata. Segue una sedazione prolungata.

Il più famoso farmaco di questa classe è il Valium.

Cannabinoidi.

I cannabinoidi sono una classe di farmaci chimicamente simili al tetraidrocannabinolo (THC), l'agente attivo della marijuana.

Questa classe di “droga” sta ottenendo sempre più liberalizzazioni. Negli Stati Uniti l’uso medico è legale in 36 Stati, quello ricreativo in 17 Stati.

È legale, in differenti modi e casistiche, in: Argentina, Austria, Canada, Cile, Georgia, Germania, Giamaica, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Uruguay.

Barbiturici.

I barbiturici agiscono sul sistema nervoso centrale rallentandone il funzionamento. I barbiturici sono derivati ​​dell'acido barbiturico chimico. I barbiturici erano storicamente popolari per il trattamento dei disturbi psichiatrici e del sonno e sono ancora usati per l'anestesia e il trattamento di una serie di condizioni come l'epilessia e il mal di testa. I barbiturici creano dipendenza e presentano anche un rischio di sovradosaggio molto elevato.

Alcuni barbiturici famosi: Amytal, Luminale, Pentobarbita.

Stimolanti.

Questo tipo di droghe accelera l'attività del Sistema Nervoso Centrale facendo sentire una persona piena di energie, concentrata e vigile per lunghi periodi di tempo. La reazione inversa è che una persona si sente nervosa, paranoica e arrabbiata.

Qualche esempio: adderall, cocaina, meth.

Allucinogeni (o dissociativi).

Gli allucinogeni , a volte indicati come dissociativi, alterano la percezione della realtà da parte dell'utente, spesso provocando allucinazioni uditive e visive.

Alcuni esempi: LSD, funghi allucinogeni, PCP.

Diffusione

Oltre il 2% della popolazione mondiale ha una dipendenza da alcol o droghe illecite.



Come si può notare da grafico sottostante, negli Stati Uniti si consumano alcol o droghe in quantità circa il triplo che in Italia.


La fascia di popolazione più colpita dal consumo di droga sono gli uomini.


Di seguito la variazione del tasso di mortalità dal 1990 al 2017. Si può notare che in Italia il tasso è in leggero calo, mentre negli Stati Uniti la tendenza è di forte crescita.


La fascia di popolazione che registra più morti per droga in italia è quella dai 15 ai 49 anni. Subito dietro gli over 70.


La differenza con la media mondiale è enorme. 


Impressionante l’aumento di morti negli Stati Uniti.


Ma approfondiamo il discorso: quali sono le droghe più utilizzate? E quali sono i tassi di mortalità?

È qui che si riscontrano le prime importanti ipocrisie.

Global Drug Survey ha stilato uno dei sondaggi più estesi al mondo rispetto l’uso di droghe. Il sondaggio era completamente anonimo e nell’arco di quattro anni ha intervistato circa 115.000 persone in moltissimi paesi diversi.

Come possiamo vedere nel grafico sottostante, la droga più utilizzata in assoluto è stata l’alcol, con un tasso del 98,7%.


A seguire: cannabis (77,8%), tabacco (63,1%), energy drinks (57,5%). La droga illegale più diffusa è l’MDMA (33,5%), segue la cocaina (29,5%).

Notiamo che l’eroina è agli ultimi posti con il 2,4%, mentre gli oppioidi regolarmente prescritti sono al 16%.

Altri dati, come nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, è molto carente nei dati: sostanze come alcol, caffeina e tabacco sono stati esclusi a priori. Questo tipo di rapporti non sono significativi.

Mortalità

Per capire come mai ritengo che l’eroina, insieme a tutte le altre droghe, debba essere legalizzata, dobbiamo toccare un punto molto delicato: la mortalità.

Prima domanda: come muoiono gli esseri umani? Seconda domanda: che impatto ha la droga sugli esseri umani?

La media mondiale è estremamente chiara (i dati fanno riferimento al 2017):


La prima causa di morte è l’infarto, con 17,79 milioni di morti all’anno. La seconda è il canco, con 9,56 milioni di morti.

Poi abbiamo, in ordine: malattie respiratorie, infezioni alle vie aeree, demenza, malattie digestive, malattie neonatali, diarrea, diabete, malattie al fegato, incidenti automobilistici, malattie ai reni.

È doveroso fare un grande distinguo perché le cause di morte variano tantissimo in base al paese osservato. Due esempi, confrontando Stati Uniti e Uganda.

Prima gli Stati Uniti.


Poi l'Uganda.


Le morti negli Stati Uniti sono principalmente legate allo stile di vita estremamente agiato. Al contrario, quelle che si verificando in Uganda, indicano una situazione di grave disagio e povertà.

Veniamo al fulcro di questo capitolo: i morti per droga sono stati, nel 2017, 166.000.

I morti per droga sono circa 100 volte inferiori ai morti per malattie cardiovascolari.

Da notare come i morti per abuso di alcol siano di circa 20.000 unità maggiori dei morti per droga.

Si muore di più d’affogamento, di suicidio, di omicidio, di Parkinson e di malnutrizione.

Un'importante precisazione: in questo tipo di statistiche alcol, tabacco, caffè ed energy drink non sono classificati come "droga".

Ma quali sono le cause delle morti che stiamo vedendo? La classificazione è abbastanza complicata perché si parla di “fattori di rischio”. 


Come possiamo notare dal grafico, le cause principali delle morti nel mondo nel 2017, sono: pressione alta, fumo, eccessivo consumo di zucchero, inquinamento, obesità, diete ricche di sale, diete a basso contenuto di cereali, abuso di alcol, diete a basso contenuto di frutta, di semi e frutta secca, di vegetali, di acidi grassi Omega 3.

Per uno sguardo più da vicino, prendiamo le cause principali di morte in Italia: pressione alta, eccessivo consumo di zucchero, fumo, obesità, diete a basso contenuto di cereali, inquinamento, abuso di alcol.

Siamo giunti a una dimostrazione inoppugnabile: le droghe non c’entrano niente.

Un fatto culturale

Ma perché ci si droga? E cosa vuol dire “essere drogato”?

“Gli esseri umani hanno una lunga storia di utilizzo di sostanze per alterare la loro coscienza. Le antiche tribù creavano le proprie sostanze che alterano la mente, alcune delle quali sono ancora utilizzate oggi.”

Sono millenni che gli esseri umani fanno uso di droghe e, nel corso del tempo, si sono sviluppate diversi modelli sulle cause:

Modello morale.

Durante il diciottesimo e l'inizio del diciannovesimo secolo la dipendenza era vista come un peccato. Le persone dipendenti dalla droga erano considerate moralmente deboli e la dipendenza era vista come una colpa del proprio carattere.

Modello della malattia.

Questo modello sostiene che le origini della dipendenza risiedono nell'individuo stesso. Questo punto di vista considera la dipendenza una malattia e il drogato un malato.

Il modello della malattia sostiene che: le persone dipendenti non possono controllare l'assunzione di una determinata sostanza; la malattia della dipendenza è irreversibile. Non può essere curato e può essere trattato solo con l'astinenza permanente; la dipendenza è discreta, o c’è o non c’è, senza mezze misure.

Modello di apprendimento sociale.

Questo modello suggerisce che i comportamenti di dipendenza vengono appresi e consistono in una serie di processi comportamentali e cognitivi.

L’idea alla base di questo modello è che la dipendenza non sia solo fisica ma anche comportamentale e sociale.

Il punto chiave di questa teoria è che chiunque intraprenda un'attività che trova piacevole è a rischio di sviluppare dipendenza da tale attività.

La dipendenza da qualcosa - attività, sostanza, persona - si crea per gradi. Maggiore è la dipendenza, maggiori sono i sentimenti negativi vissuti in assenza dell'attività.

La dipendenza è un aspetto normale del comportamento umano. Diventa un problema solo quando l'individuo sperimenta una serie di conseguenze negative come risultato del suo comportamento, ma continua a farlo comunque.

Un senso di compulsione, di voler assumere un comportamento (come l'uso di droghe), ma sapere che in realtà non si dovrebbe, è il segno distintivo del comportamento di dipendenza. Le persone parlano della sensazione di aver ceduto il controllo alla droga.

Volendo fare qualcosa ma sapendo che non si dovrebbe, il comportamento diventa irregolare. Cedimenti, segretezza, inaffidabilità, razionalizzazioni e voti di astensione sono comuni.

I comportamenti di dipendenza vengono interrotti solo quando l'individuo prende la decisione che i costi (danni) dell'uso continuato sono di gran lunga superiori ai benefici.

Modello di salute pubblica.

Uso di droghe visto come l'interazione tra il farmaco, l'individuo e l'ambiente

Questo modello, in uso ad esempio in Australia, riconosce l’esistenza delle droghe e la loro difficile eradicazione. Cerca di lavorare su tre filoni: l’agente, l’host e l’ambiente. 
L’agente riguarda le caratteristiche e gli effetti del farmaco stesso; l’host le caratteristiche dell’utilizzatore (o comunque del suo gruppo sociale); l’ambiente è il contesto di reperimento e consumo di droga.

Modello socio-culturale.

Sostiene che l'abuso di sostanze dovrebbe essere esaminato in un contesto sociale più ampio e può essere collegato alla disuguaglianza.

L’uso di droga viene inteso come normale conseguenza di un ambiente disagiato e problematico. La soluzione, quindi, deve arrivare dall’alto con il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche.


Abbiamo visto che ci sono modelli che colpevolizzano il consumatore di sostanze e modelli secondo i quali la responsabilità è tutta del contesto, della società.

Ma un drogato perché si droga?

I motivi sono molti e questo discorso deve per forza limitarsi a una semplicistica generalizzazione.
Alcuni dei motivi sono: curiosità, ribellione, per non sentirsi esclusi (o per sentirsi più inclusi), per divertimento, per relax.

Ma questi sono solo alcuni aspetti del comportamento del consumatore di sostanza, forse quelli più facili da individuare e capire.

Poi ci sono altri aspetti più sfaccettati, nebbiosi e difficili da decifrare. Ci sono persone che si drogano per ridurre il senso di alienazione, per un dolore fisico o emotivo, per reazione a delle ingiustizie, per sfuggire dalla realtà, per alleviare il disagio della vita.

Sono aspetti che non possono essere compresi da chi non li vive, eppure sono cruciali. 

Le motivazioni dei drogati sono a volte più chiare da comprendere, a volte molto più oscure - eppure ugualmente valide e importanti, ma non si discostano molto dalle altre dipendente o comportamenti sbagliati.

Da uno sguardo laterale non c’è differenza tra chi fa uso di eroina, chi fuma sigarette oppure chi fa uno stile di vita poco sano.

Per tutti i soggetti le motivazioni non possono coincidere con la pura fredda razionalità dei numeri o del rapporto costi-benefici. Sennò non ci sarebbero così tanti morti d’infarto, cancro e malattie legate allo stile di vita poco sano.

Sennò non ci sarebbe una così diffusa obesità, non si consumerebbero così tante sigarette, non ci sarebbe tutto il complesso e magnetico aspetto culturale del vino.

Perché una bottiglia di Barolo è preziosa, normale, “adatta” al nostro stile di vita e un francobollo di LSD no?

Perché il Valium è accettato culturalmente, anzi ben visto per vivere meglio, e l’oppio no?

Qual è la reale differenza tra una prescrizione di antidolorifici e una dose d’eroina?

La differenza consiste in ciò che è accettato culturalmente e ciò che non lo è.

I cittadini di Amsterdam non si scandalizzano (o non reagiscono sghignazzando) alla vista di uno spinello. Allo stesso modo noi non ci scandalizziamo se qualcuno si accende una sigaretta davanti a noi. 

Però la seconda provoca molti più morti della prima.

La cultura di ciò che è accettato e cosa no è un fatto intrinseco, naturale, non può essere prescritto o imposto. 

E’ qualcosa di più orizzontale e riguarda come ognuno noi considera una determinata cosa non solo nella sua essenza ma anche in relazione al contesto, alle persone di cui ci circondiamo.

Facciamo l’esempio di un soggetto estremamente contrario a tutte le droghe, comprese quelle leggere. Le rifiuta completamente, non le sopporta: quelle robe uccidono. Sono per i drogati che vivono sotto i ponti e scippano le vecchiette.

È un soggetto non poi così raro, vero?

Mi chiedo: se domani questa persona dovesse andare nel luogo di lavoro solito e dovesse trovare tutti, dall’inserviente al capo, dal portinaio alla capo reparto, che fumano spinelli, non curanti delle reazioni altri, cosa farebbe?

Che reazione avrebbe se ogni giorno si ripetesse la stessa identica scena?

Quali sono le probabilità che dopo un tot di giorni (o mesi, o anni) cambierà idea? Secondo me altissime.

Infatti quella persona non basa il suo giudizio sui fatti. L’abbiamo già visto: si muore molto meno di droga che di molti altri fattori; di cannabis non si muore e basta. I dati sono molto netti e l’interpretazione è semplice.

Il giudizio di quella persona si basa esclusivamente sulla sua percezione della droga. È pura soggettività data da molteplici fattori: il contesto, l’ambiente di crescita, relazioni sociali.

Potremmo quasi azzardare a dire che, forse, non ha davvero paura delle droghe ma di farsi riconoscere come drogato dagli altri, dalle persone che, oggi, lo accettano nel gruppo.

È un fatto culturale molto evidente. Questa evidenza è data dall’assurda classificazione di ciò che è legale e ciò che non lo è.

Sigarette, alcol, caffè, zuccheri, diete malsane, pasticche e medicinali in abbondanza sì. Accettate, normali. Fanno parte della nostra giornata, della nostra quotidianità.

Ci si fuma una sigaretta in pausa caffè, si beve un drink all’aperitivo coi colleghi. Hai mal di testa? Una o due pastiglie e passa tutto. A pranzo coi parenti? Pasto da 3500 Kcal senza alcun riguardo verso la propria salute.
Sono cose normali, quotidiane, che vediamo ogni giorno da quando siamo bambini.

I nostri genitori si ricordano come la cosa più normale del mondo il fumo di sigaretta nei posti chiusi: nei ristoranti, nei cinema, addirittura in aereo.

Ora sarebbe assurdo immaginarlo. In quest’epoca chiunque fosse sorpreso a fumare in aereo sarebbe subito aggredito - almeno verbalmente - per maleducazione.

Mentre la droga no. La droga - la parola stessa richiama un senso di pericolo, malattia - è cattiva. Lontana, sporca, pericolosa.

La droga è per chi vive in strada, per chi chiede 50 centesimi per una chiamata, per chi scippa le vecchie, per chi entra nelle case altrui, per chi non si lava, per chi è pericoloso, per chi sta nelle gang, per la malavita.

Per il lato oscuro del mondo.

C’è un elefante enorme in questa stanza: la differenza tra droghe leggere e droghe pesanti.

È vero, c’è una grande differenza. Ma non come siamo abituati a pensare, cioè tra le leggere c'è la cannabis e tra le pesanti tutto il resto.


La ricerca è articolata ma precisa perché stima non solo la pericolosità degli effetti di una singola sostanza ma anche la disponibilità - ovvero la media di consumo pro capite.

I dati sono chiari: la sostanza più pericolosa è l’alcol, poi in ordine vengono eroina, cocaina, nicotina, MDMA, metanfetamine, metadone, anfetamine, diazepam e, infine, THC, ovvero il principio attivo della cannabis.


Nel seguente grafico, invece, è riportata una classifica che identifica la quantità di assunzione di una sostanza necessaria per rischiare la vita.

Ancora l’alcol è al primo posto, seguito da eroina, cocaina, tabacco, ecstasy, metanfetamina e, infine, la cannabis.
Notiamo però che la cannabis è molto distante, è in tutt’altro ordine di grandezza.

Infatti è biologicamente impossibile morire di consumo di cannabis. Secondo le ricerche bisognerebbe ingerire 1500 libbre in 15 minuti, cioè 680 chili in 15 minuti. Letteralmente impossibile.

Anche cambiando fonte, troviamo risultati simili.

In un articolo su “The Lancet”, la famosa rivista medica, troviamo una classifica in cui ancora al primo posto c’è alcol. 


Subito segue l’eroina, crack, metanfetamina, cocaina, tabacco, anfetamine, cannabis.

Lo studio approfondisce i danni al singolo consumatore e agli altri.


Alcol, eroina, crack e metanfetamine sono le sostanze più dannose per sé stessi e per gli altri.

Tra il primo e il secondo grafico, troviamo due elementi che rischiano di passare inosservati: i funghi e l’LSD.

Entrambi sono in fondo alla classifica per pericolosità e per danni a sé stessi e per gli altri.

Nonostante l'LSD esista da più di 70 anni, ci sono pochi studi di ricerca adeguatamente controllati sugli effetti specifici che l'LSD ha sul cervello di coloro che lo usano.

Una revisione della ricerca sull'LSD condotta negli ultimi 25 anni ha rilevato che l'LSD:
  • Migliora l'empatia emotiva ma altera la capacità di riconoscere la paura;
  • Ha un potenziale terapeutico, ma sono necessarie ulteriori ricerche;
  • Aumenta i sentimenti di vicinanza e fiducia negli altri;
  • Aumenta l'interconnettività in alcune reti cerebrali;
  • Rende le persone più aperte ai suggerimenti.
Gli studi suggeriscono che il farmaco può promuovere la crescita dei neuroni e può essere utile nel trattamento della tossicodipendenza, della depressione e del disturbo da stress post-traumatico.

Uno studio del 2014 ha esaminato l'uso della psicoterapia assistita da LSD in un piccolo gruppo di pazienti con ansia. I risultati hanno suggerito che, se usato in un ambiente controllato, l'LSD potrebbe essere efficace nel ridurre l'ansia, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche.

Un altro mito comune è che l'LSD porti a problemi di salute mentale. L'uso di droghe psichedeliche (tra cui LSD, psilocibina e mescalina) non è stato collegato allo sviluppo di problemi di salute mentale.

Uno studio pubblicato sul British Journal of Psychopharmacology che ha coinvolto 19.299 consumatori di sostanze psichedeliche non ha trovato alcun legame tra l'uso di LSD e problemi psicologici.

Sono stati cercati segni di:
  • Ansia
  • Depressione
  • Trattamento di salute mentale
  • Grave disagio psicologico
  • Tentativo di suicidio
  • Piani suicidi
  • Pensieri suicidi
I ricercatori hanno concluso che non c'erano prove che l'uso di sostanze psichedeliche fosse un fattore di rischio indipendente per problemi di salute mentale.

C’è un’obiezione scontata che si potrebbe fare: cannabis e LSD non equivalenti all'eroina.
L’eroina è al primo o al secondo posto di qualsiasi classifica di pericolosità.

Esatto, è questo il punto.

Che differenza c’è tra il consumatore della prima sostanza nella classifica e il consumatore della seconda sostanza?

Dal punto di vista biologico nessuna. Dal punto di vista culturale sono due mondi opposti.

Perché? Come mai il drogato è visto così? 

Perché la droga è vietata.

Il punto, infatti, non è nella maggiore o minore pericolosità di una o dell’altra sostanza. Il punto è che c’è un’ipocrisia di fondo, un fraintendimento culturale di portata abissale.

L’ipocrisia è endemica e corrode il dibattito alterandone i contenuti e le conclusioni.

Eroina no ma alcol sì. Cannabis no ma sigarette sì. 

La droga uccide, ma le maggiori cause di morte sono estremamente più diffuse e comune, eppure così facilmente accettate: dieta sbagliata ed esercizio fisico insufficiente.

Però è accettato e normale il “nostro” stile di vita attuale. Sigarette, alcol, diete sbagliate, esercizio fisico carente; mettiamoci anche l’inquinamento, incredibilmente sottovalutato.

Tutto questo avviene perché sono legali.

La mia proposta

Legalizziamo tutto.

La legalizzazione totale e indiscriminata di qualsiasi droga risolverebbe tutti i problemi alla radice.

Trasgressione

Tutte le sostanze legali, facilmente disponibili, diffuse, accettate. 

Verrebbero subito meno le leve più superficiali e facilmente riconoscibili che abbiamo visto prima: il fascino nascosto della trasgressione, dell’illegalità come brivido vitale, il desiderio di sentirsi accettati da un gruppo. Non sarebbero più leve comportamentali così potenti.

Malavita

Distruzione immediata di una buona componente malavitosa, dal piccolo spacciatore, ai grandi gruppi mafiosi. 
Secondo stime dell'UNODC, le organizzazioni criminali mondiali fatturano in totale con il commercio di droga circa 262 miliardi di euro all'anno.

Per un raffronto più vicino, nel 2013 è stata sequestrata droga per più di un miliardo di euro. Le mafie fanno affari per 220 miliardi l’anno.

Intervento dello Stato

I consumatori di sostanze non dovrebbero più rivolgersi ad ambienti e individui pericolosi per rifornirsi.

Lo Stato potrebbe avere il monopolio dell’approvvigionamento e della distribuzione delle droghe (almeno quelle pesanti).
Il consumatore abituale di eroina, non dovrà più fare affari con spacciatori senza scrupoli, nascondendosi, derubando, commettendo crimini, vergognandosi e, in ultima istanza, rischiando la vita.

Al giorno d’oggi un consumatore abituale di eroina rischia la vita per le siringhe usate, per l’igiene trascurata, per la qualità della sostanza stessa - spesso pessima e tagliata con sostanze velenose - per debiti non pagati. 

Nella situazione in cui lo Stato ha il monopolio si predisporrebbero cliniche specializzate alla distribuzione delle sostanze. 
Immaginiamo la situazione: il consumatore abituale di eroina si reca al centro, si registra, fa tutte le analisi mediche di controllo, viene aiutato da un addetto per l'assunzione dell’eroina, viene tenuto sotto osservazione.
La sostanza è di qualità e somministrata nella giusta dose. Il centro può offrire supporto medico e psicologico. Può aiutare nella disintossicazione, qualora fosse richiesta, grazie al controllo del dosaggio.

Stigma

Cesserebbe lo stigma del drogato di natura, di chi “se le cerca”, del debole; tutti i pregiudizi che escludono le persone dalla vita sociale.
Il “drogato” sarebbe una persona come le altre. Sarebbe simile al dirigente che consuma antidolorifici come fossero caramelle o al tabagista incallito.

Conseguenze

Crollano tutte le conseguenze negative del proibizionismo: crimini, malavita e isolamento sociale.

I furti, gli scippi, gli scassi, le violenze.

Le morti. Nessuno morirebbe più di overdose o di infezioni. 

A quel punto ognuno avrebbe le condizioni, il contesto, le informazioni e il supporto per decidere in autonomia come gestire la propria vita.

Ci saranno persone che decideranno di continuare ad assumere sostanze, siano queste alcol, sigarette, cannabis, eroina, cocaina o LSD.
Altre sceglieranno di smettere: per farlo avranno tempo, supporto e comprensione.

La disintossicazione attualmente ha tassi di insuccesso elevatissimi. Il dipendente da sostanze non ha strumenti per compiere questo atto così difficile: non ha supporto psicologico, fisico, economico. L’ambiente che ha trascinato - o contribuito a trascinare - una persona nell’abuso di una sostanza, tende a risucchiare il malcapitato.

Con la legalizzazione totale ognuno sarebbe libero di intraprende la strada preferita.

Ultimo punto: perché quest’utopia non dovrebbe tendere alla disintossicazione totale?

Tutti noi sappiamo le cause di morte, eppure continuiamo a bere, mangiare male, muoverci poco e inquinare: perché quelli che chiamiamo “drogati” dovrebbero comportarsi diversamente?

Che diritto abbiamo di pretendere dagli altri un comportamento migliore del nostro?


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